
Non ricordo nemmeno più come capitai un pomeriggio di domenica a teatro. Non era un’abitudine della mia famiglia e men che meno dei miei amici andare a teatro. Veniva rappresentata la meno attraente commedia che una persona a digiuno completo di teatro potesse cominciare a gustare. Una commedia con 2 mila e 2 cento anni sulle spalle, una cosa vecchia, vecchissima, fossile, una commedia che i cittadini romani dopo aver pugnato contro i Galli, i Celti o i Visigoti si sedevano nei loro teatri e guardavano.
Un colpo improvviso e indelebile. Un coinvolgimento, un godimento come nessun film, nessuna canzone, nessun concerto aveva mai esercitato su di me. Il monologo dello schiavo sulla fame. Il naufragio e il racconto del salvataggio. Le furbizie e le ingenuità dei personaggi. Mi è rimasto tutto di quel giorno.
E grazie a quel giorno, ebbene, sono qui, ancora a teatro.